Del concetto di terroir si sono occupati davvero in tanti, per lungo tempo quasi esclusivamente nel settore vitivinicolo. Tuttavia, in tempi più recenti l’uso di questo termine ha fatto capolino anche nella comunicazione di altre filiere agricole. Abbiamo un’idea chiara di cosa effettivamente esso sia? E di che valore abbia, nella sua preservazione, il fattore umano?
Perché tornare a parlare di terroir?
Se ne è discusso talmente tanto, talora anche in maniera un po’ superficiale, da farlo apparire un concetto inflazionato, quasi “rétro”.
Ma a riportarlo alla nostra mente è stato il consulente viticolo Davide Ferrarese che, intervistato da Milena Crotti e Andrea Pedrazzini nel corso del nono episodio del nostro podcast Fatti di Terra, ha sottolineato quanto il fattore umano sia importante nella preservazione di patrimoni di inestimabile valore quali sono i nostri terroir viticoli. Un fattore umano che coinvolge tutti coloro che lavorano in vigna, dai tecnici alle maestranze: questa evidenza enfatizza l’importanza di formare adeguatamente tutti gli operatori della filiera, a ogni livello.
Detto ciò, occorre capirsi sul significato del termine terroir, chiaramente di origine francese, del quale si è sempre detto e scritto che sia “intraducibile”.
Esiste una definizione ufficiale di “terroir”?
Nel mondo vitivinicolo si fa riferimento a quella formulata dall’Oiv – Organisation Internationale de la Vige et du Vin, con Risoluzione 333/2010: “Il terroir vitivinicolo è un concetto che si riferisce a uno spazio nel quale si sviluppa una cultura collettiva delle interazioni tra un ambiente fisico e biologico identificabile e le pratiche vitivinicole che vi sono applicate, che conferiscono caratteristiche distintive ai prodotti originari di questo spazio. Il terroir include caratteristiche specifiche del suolo, della topografia, del clima, del paesaggio e della biodiversità”.
Un “concentrato” di temi e concetti importanti, molti dei quali “cari” alla comunicazione di Diachem e in buona misura trattati nelle pagine di questo Blog e nei nostri podcast.
Tutti d’accordo sulla definizione di terroir?
In un articolo ormai datato (2012) ma molto esaustivo sull’argomento, e che ripercorre le tappe del processo di revisione della definizione avvenuto in seno all’Oiv per giungere a formulare quella riportata qui sopra, si legge: “L’etimologia del termine terroir non sembra essere molto chiara, perché la sua origine popolare è precedente allo sviluppo della lingua francese scritta (...). Dalla fine del XVII secolo indica la terra considerata dal punto di vista delle sue attitudini agricole (...). Ma l’uso più costante del termine terroir dall’inizio dell’agronomia moderna mette l’accento sulla relazione tra un ambiente fisico, la vita rurale e la produzione viticola”.
In realtà in letteratura, e nel web, si trovano le interpretazioni più varie e personali del terroir, talora estreme. C’è chi, per esempio, è giunto ad affermare che “la piena espressione del terroir si ha quando non si distingue, nel vino, l’essenza genetica della varietà”. Curioso, perché nella maggior parte delle interpretazioni del terroir in cui ci si imbatte si nota una tendenza ad aggiungere elementi, non a sottrarne. Davvero vogliamo pensare che il vitigno non abbia alcuna importanza?
Solo vino?
No, del concetto di terroir ormai si sono appropriate anche altre filiere agricole. Si parla di terroir associato alla produzione di olio EVO, per esempio. In occasione dell’edizione 2023 di Vinitaly, tenutosi poche settimane fa a Verona, si è parlato molto di birra artigianale, valorizzazione del terroir di origine delle materie prime (cereali e luppolo) e turismo.
Anche il mondo della distillazione craft italiana mette al centro della sua comunicazione il terroir: il whisky nazionale punta moltissimo sulla specificità dei cereali coltivati in zone particolari. Ma pensiamo anche allo stretto legame dei gin artigianali con i luoghi di origine delle botaniche utilizzate per la loro produzione.
In cerca di oggettività
Tra i tanti ricercatori e tecnici italiani che si sono occupati di terroir, uno ha recentemente attirato l’attenzione, anche a livello internazionale, per aver sviluppato un indice in grado di misurare in modo affidabile la correlazione tra terroir e vini ottenuti. Si tratta del geologo Carlo Ferretti, fondatore di Geo Identity Research, il cui Vineyard Geological Identity (VGI) è uno schema analitico che utilizza una serie di dati ambientali – relativi soprattutto a terreno e clima, oltre che all’impatto dell’azione dell’uomo - per individuare le caratteristiche specifiche dei vigneti che possono avere un impatto importante sui risultati della vinificazione. In questo recente articolo si parla dei risultati promettenti ottenuti dall’applicazione del VGI in Australia.
Le tecniche colturali alleate del terroir
Demodé o fashion che sia a livello concettuale, il terroir rappresenta valore per le nostre produzioni agricole. Comprendere questo significa preservare i territori e salvaguardare la specificità dei prodotti che essi sono in grado di generare. E non ci riferiamo solo ai prodotti agricoli, ma anche a tutto l’indotto di benefici che la cura dei territori porta con sé, primo fra tutti la fruibilità dei paesaggi.
Non c’è tecnica colturale che non abbia un ruolo nella preservazione e tutela dei terroir, a maggior ragione nell’era del climate change. Per noi, che ogni giorno lavoriamo per portare innovazione nella nutrizione e nella protezione delle piante coltivate, questa evidenza ha un’importanza fondamentale.